Rota Martir Agostino, La Pentecoste di Idomeni

Ogni giorno siamo raggiunti e sconvolti dalle notizie che ci vengono da Idomeni, un piccolo villaggio Greco, al  confine con la Macedonia, dove migliaia di profughi sono intrappolati dalla diplomazia Europea.

Assistiamo e partecipiamo al loro dolore, amarezza e rabbia, respinti da una Europa che si rinchiude sempre più dentro la propria fortezza, che innalza e giustifica muri, fili spinati e respingimenti; in nome di che cosa?

Assistiamo a distanza alla violenza e ai pestaggi che subiscono i migranti, lasciati vivere sotto tende in mezzo al fango, con il consenso e la benedizione dei potenti, seduti in comodi e luccicanti palazzi di Bruxelles e dalle cancellerie dei governi europei.

Assistiamo con sgomento al loro smarrimento, alla loro delusione, alle loro grida disperate e al loro pianto, alla privazione delle  libertà, alla disumanità perpetrata con calcolo e freddezza. Non è  questa l’Europa che vogliamo e sogniamo. Idomeni è  un piccolo spazio in Europa, potrà  essere insignificante per le cancellerie europee, ma non per le nostre coscienze e a maggior ragione per chi si professa cristiano, seguace (in cammino) di Gesù, l’inviato del Padre.

Papa Francesco, dopo aver visitato l’isola di Lampedusa domani si recherà in quella di Lesbo in Grecia…

Altro segno profetico, di misericordia e di denuncia.

In questo momento di smarrimento sogno una Chiesa in cammino verso Idomeni, insieme a tanta società civile, una Chiesa che non teme di mischiarsi e confondersi,  che vive e annuncia il Vangelo anche “con i piedi”, che non ha paura di attraversare queste trappole di frontiere, anche per dire che c’è un’altra Europa, quella dei popoli, delle associazioni, dei religiosi, dei missionari, delle parrocchie, che non esita a venire incontro per dire che, seppure nella nostra impotenza, siamo con loro, ci sentiamo fratelli e sorelle nella nostra stessa umanità e che loro sono per noi i benvenuti.

Sogno  questa Chiesa in cammino, accogliente e fiduciosa, che sente anche la responsabilità di guarire questa nostra cara Europa: intossicata di egoismo, più intenta ad escludere e scartare in nome della sicurezza e per altri interessi di parte, o per Immagino quanto deve essere bella questa  Chiesa in cammino, sotto la tenda, anche in piccoli gruppi, attraversamenti, con percorsi diversi,  con destinazione  Idomeni e simbolicamente raggiungere altri campi profughi sparpagliati ovunque: una Chiesa in silenzio, orante, ecumenica, in uscita, capace anche di lasciarsi accogliere:

“Non prendete nulla per il viaggio..” (Lc. 9, 3-5),

con uno stile di umiltà e provvisorietà, con poche cose con sè, proprio come fa ogni migrante in fuga. Una Chiesa in uscita, non tanto per portare aiuti, ma seguire le orme dei migranti,  lungo gli stessi sentieri.

Una Chiesa in cammino verso Idomeni, fermarci lì, anche per un solo giorno, per guardare e ascoltare questi volti segnati da prove e dolore e lasciarci evangelizzare.

Ecco, immagino quanto sarebbe vera e luminosa la Pentecoste nella tendopoli di Idomeni!  Una Chiesa semplicemente presente, anche se provvisoria oltre che per ridare speranza ai profughi, forse saprà  essere anche un grido forte di denuncia in nome del Vangelo, all’indirizzo di quella Europa arroccata e bloccata da paure.

Sogno una Chiesa che non si limita ad assistere a distanza, ma che cammina, in uscita per attraversare i confini, che supera le  barriere per avvicinare e lasciarsi toccare, che non teme di tenere i piedi nel fango se necessario, pur di ascoltare il cuore di chi oggi è vittima di guerra, di povertà, di violenza e che si sente scartato… una Chiesa capace di…

Rimarrà un sogno? Però a volte Dio si muove lungo i nostri sogni e passo dopo passo, il suo Regno prende forma nella nostra storia.

Campo Rom di Coltano (PI) – 15 Aprile 2016

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