Wiesel Elie e Mark Podwal, Il Golem

Nel medioevo gli ebrei erano accusati di volta in volta di omicidio rituale, profanazione delel ostie, di portare la peste, di deicidio. In questo bellissimo racconto di Elie Wiesel tratto dal libro “Il Golem” abbiamo uno sguardo altro, come la comunità ebraica viveva queste accuse e queste persecuzioni.

Un giorno – era l’inizio della primavera – quando lo guardai, sembrò insolitamente triste, ma io non potei capire perché. Ci stavamo preparando a celebrare la gioiosa festa di Pasqua. «Perché hai un’aria così infelice?» gli domandai. Sembrava che non mi avesse sentito. Ripetei la domanda. Lui sospirò e disse dolcemente: «Ancora non puoi capire». Preoccupato, insistei; lui eluse la mia domanda. «Sei troppo giovane» disse, cercando di rassicurarmi. «Crescerai e capirai». Alla fine scoprii perché era così triste. Una settimana prima di Pasqua, tutta la nostra comunità era immersa nell’angoscia: aspettavamo un massacro. Perché? Che domanda! Forse che i nostri nemici devono giustificare, con ragioni specifiche, perché hanno sete di sangue ebraico? Questa volta avevano preparato tutto: avevano nascosto il corpo di un bambino cristiano nella cantina di Smuel il mercante; e noi fummo accusati di aver commesso un omicidio rituale. Si diceva che avevamo bisogno di sangue cristiano per fare il pane azzimo. Che idioti! La loro malvagità e pari alla loro ignoranza. La nostra Scrittura dice e i nostri saggi ripetono e i nostri Maestri hanno dimostrato che da quando gli ebrei sono ebrei non hanno mai commesso questo tipo di delitto. L’omicidio rituale non ha posto nella tradizione ebraica. Anche Abramo non portò a termine la sua impresa: suo figlio sopravvisse alla prova.
Venti anni prima, tutti i libri ebraici di Praga furono presi e portati a Vienna, dove furono esaminati per trovarvi un simile rito. Non fu lasciato neanche un libro di preghiere, e il cantore doveva cantare le preghiere a memoria. Due anni dopo i libri furono finalmente restituiti. Per noi ogni vita è sacra; il grande Maharal era riuscito a convincere lo stesso Cardinale Silvestro, ed era il capo della Chiesa a Praga. E anche re Rodolfo, che era il nostro sovrano. Non troverai una persona intelligente, una persona sensibile, disposta a prestar fede a queste fosche e turpi dicerie. Eppure c’è gente che continua a diffondere segretamente queste menzogne con un solo scopo: suscitare l’odio, spingere alla violenza e provocare spargimento di sangue ebraico.
[…]
Anche i nemici del popolo ebraico lavoravano in segreto. Uno di loro, un macellaio, aveva contratto un debito di cinquemila corone con il ricco Rabbi Mordechai Meizel le cui buone azioni erano leggendarie. Il macellaio, non riuscendo a pagare il debito, decise di sbarazzarsi del suo creditore facendo rapire la sua serva, Maria. Rabbi Mordechai fu denunciato alle autorità e messo in prigione, accusato ufficialmente di aver sequestrato o addirittura assassinato la ragazza cristiana. Il timore di altre rappresaglie si diffuse nella nostra comunità. Gli abitanti avevano paura di uscire per la strada; i mendicanti evitavano la città malgrado la sua bellezza e la sua generosità.
Tanti ricordi affiorarono. Avevamo conosciuto abbastanza pogrom per non temere il seguito. Avrebbero cominciato con un discorso o con una diceria diffusa in tutta la comunità cristiana, e avrebbero finito con dei corpi mutilati stesi per terra davanti alle nostre case vuote.
Era sufficiente che un ubriaco accusasse gli ebrei di avvelenare i pozzi o di profanare le ostie, e dei pacifici vicini di casa si sarebbero uniti alla marmaglia. Noi avremmo serrato le nostre finestre e porte, e saremmo scesi in cantina cercando di scomparire nell’oscurità. Fuori, urla di vendetta dalla folla; dentro, il silenzio delle preghiere ebraiche. Ricordo. Avrei avuto voglia di gridare, di piangere. Ricordo la mano di mio padre che mi tappava delicatamente la bocca.
Ma Dio ci protesse. Quella volta, la tempesta passò velocemente. Dopo tre giorni e tre notti ci sentimmo abbastanza sicuri per tornare nelle nostre case. La strada sembrava un cimitero straziato; le case di preghiera saccheggiate, profanate, depredate. Ricordo, e ricorderò per tutta la vita, i rotoli sacri che giacevano nel fango.
Oh sì, sapevamo che se la nostra comunità aveva paura c’era una ragione. Se un tribunale avesse giudicato colpevole Rabbi Mordechai Meizel, la sentenza avrebbe provocato un massacro. Le persone colte citavano la Scrittura e le sue maledizioni; vivevamo nell’attesa della catastrofe. La mattina dicevamo: «Speriamo di vedere la sera»; la sera sussurravamo: «Speriamo di vedere l’alba».

ELIE WIESEL, Il Golem – storia di una leggenda, ed. Giuntina, seconda edizione, Firenze, 1992, p. 18-21; 61-63.


 

Elie Wiesel, Il golem
Elie Wiesel, Il golem

 

Elie Wiesel e Mark Podwal, Il Golem, Traduzione di Daniel Vogelmann
pp. 112 ill., ISBN 88-85943-26-8

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