Dialogo_AC_Cremona

Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato

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La Giornata Mondiale della Pace è frutto di una provvidenziale intuizione di Papa Paolo VI che la inaugurò nel 19681. Da 22 anni i pontefici offrono alla nostra riflessione un messaggio per la celebrazione della giornata mondiale della pace. Un primo pensiero: si ha un po’ l’impressione che questa giornata e la riflessione del Santo Padre passino un po’ sotto l’uscio e non ricevano la debita considerazione in un giorno, il primo gennaio, che raccoglie la pesante eredità di una notte di festeggiamenti. E a dir il vero i giorni seguenti non ricevono sorte migliore. Per quanto riguarda la nostra città, nel 2002 Cremona ha ospitato la marcia per la pace organizzata da Pax Christi, preceduta da un interessante convegno e terminata con la celebrazione solenne in Cattedrale. Si è trattato di una importante occasione che ha raccolto grandi entusiasmi ed energie ma sembra (spero di sbagliarmi) che si siano disperse in tanti rivoli ben poco visibili, come spesso accade nella nostra città. Veniamo al tema proposto per il 2010: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato2. Può sembrare strano questo legame pace-creato che in realtà era stato già posto ed affrontato dai suoi predecessori in altri messaggi per la giornata mondiale della pace. La Chiesa, in quanto «esperta in umanità», si premura di richiamare con forza l’attenzione sulla relazione tra il Creatore, l’essere umano e il creato.” [4 i numeriindicano i paragrafi del documento External link]. Impegno nei confronti del creato che per i cristiani trova fondamento anzitutto nella riflessione biblica. Infatti

il vero significato del comando iniziale di Dio, ben evidenziato nel Libro della Genesi, non consisteva in un semplice conferimento di autorità, bensì piuttosto in una chiamata alla responsabilità.” [6].

Ogni uomo è responsabile della creazione, è chiamato a continuare l’opera creatrice di Dio in un’ottica che vedeva il risultato del creare come “bello e buono”. Non so se lo stesso giudizio possiamo darlo noi, oggi, sulle “creazioni” dell’uomo, su ciò che abbiamo fatto della natura che Dio ci ha affidato e di cui dobbiamo dare “risposta”. Anzitutto una risposta rispetto allo sfruttamento delle risorse.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II (Gaudium et Spes n° 69) ha ricordato che «Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all’uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli»” [7].

Si riprende ciò che viene detto in Levitico 25,23, in un’ottica che ci vede responsabili di tutti gli uomini perché noi non siamo i padroni ma abbiamo ricevuto un dono, la terra, che ci richiede una responsabilità, verso chi l’ha donata anzitutto, verso tutti gli uomini che la abitano e verso le generazioni future. Assistiamo invece ad un accaparramento delle risorse da parte di chi ha potere economico-politico-militare che porta all’impoverimento di interi paesi e popolazioni, causa innumerevoli conflitti (a tal proposito potremmo chiederci il ruolo che hanno gli eserciti impegnati in altri paesi: portano la pace o difendono l’accesso e l’appropriazione delle risorse?), e genera, tra l’altro, il “fenomeno dei cosiddetti «profughi ambientali»” [4] Accanto alle responsabilità è necessaria una solidarietà. Benedetto XVI sottolinea come la solidarietà dovrebbe attuarsi anche nel trasferimento di conoscenze tecnologiche dai paesi a maggior sviluppo scientifico e di ricerca verso chi non ne dispone.

La questione ecologica non va affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila all’orizzonte; a motivarla deve essere soprattutto la ricerca di un’autentica solidarietà a dimensione mondiale, ispirata dai valori della carità, della giustizia e del bene comune”.[10]

Già: carità, giustizia e bene comune. Quanto spazio hanno questi valori nell’agenda della politica a tutti i livelli, da quello locale a quello transazionale, ma anche nella nostra agenda personale? È necessario un cambiamento del modo di pensare, di una nuova cultura che sappia ripensare il modello di sviluppo che è alla base delle scelte economiche e politiche (altrimenti Kyoto, Copenhagen e i summit che seguiranno saranno continuamente dei flop). Non solo, dobbiamo agire anche sul versante personale delle nostre scelte concrete e quotidiane volte a

favorire comportamenti improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo…

[9] Confesso che mi ha stupito l’utilizzo della parola “sobrietà” sicuramente fuori dal coro degli inviti incessanti a consumare. Dobbiamo avere il coraggio di dare un volto concreto e quotidiano alla carità, alla giustizia e al bene comune: come e dove investiamo il nostri risparmi? come e dove facciamo la spesa? quanto difendiamo l’acqua come bene essenziale per tutti che non può essere privatizzato?… perché

“sempre più si deve educare a costruire la pace a partire dalle scelte di ampio raggio a livello personale, familiare, comunitario e politico. [11]

Queste che ho riportato sono solo alcune delle sollecitazioni che la lettura del messaggio evoca. L’invito a tutti è anzitutto quello di riprendere il testo – magari togliendo spazio al vuoto chiacchiericcio televisivo – come lettura personale e di comunità disposti, a lasciarci interpellare.


Note: