Schmitt Eric Emmanuel , Il visitatore

Eric-Emmanuel Schmitt, Il visitatore

ll visitatore è il testo teatrale di un’importante spettacolo di Eric-Emmanuel Schmitt, messo in scena innumerevoli volte in tutta Europa.


 

Trama

Aprile 1938. L’ Austria è stata da poco annessa di forza al Terzo Reich, Vienna è occupata dai nazisti, gli ebrei vengono perseguitati ovunque. In Berggasse 19, celeberrimo indirizzo dello studio di Freud: , il famoso psicanalista attende affranto notizie della figlia Anna: , portata via dalla Gestapo. Ma l’angosciata solitudine non dura molto: dalla finestra spunta infatti un inaspettato visitatore che fin da subito appare ben intenzionato a intavolare con Sigmund Freud: una conversazione sui massimi sistemi. Il grande indagatore dell’inconscio è insieme infastidito e incuriosito. Chi è quell’importuno? Cosa vuole?

Quello che presento di seguito è un aspetto che fa da sfondo al tema centrale e diviene a sua volta elemento di discussione e confronto tra i due protagonisti principali: la follia nazista con le sue forme di aggressione, violenza, morte.

Protagonisti di questa scena sono Freud, sua figlia Anna e un nazista della Gestapo.

 


 

Il visitatore
SCENA 2

Qualcuno bussa con veemenza. Rumore di stivali dietro la porta. Senza attendere risposta, IL NAZISTA: fa irruzione nella stanza.

IL NAZISTA: : Gestapo! (Rivolgendosi agli uomini dietro di lui) Rimanete qua, voi.

Gli occhi di FREUD: lampeggiano di rabbia.
IL NAZISTA: compie un giro intorno al padrone di casa con tutta calma.

IL NAZISTA: Solo una visitina amichevole dottor FREUD: … (Guardando la libreria) Vedo che abbiamo cominciato a rimettere a posto i libri. (Convinto di fare della sottile ironia) Mi rammarico del disordine che abbiamo provocato l’altra volta…

Ne fa cadere degli altri.

FREUD: (sullo stesso tono): Ma la prego, è sempre un piacere avere a che fare con dei veri eruditi.

Il nazista fa scorrere uno sguardo diffidente sugli scaffali.

ANNA: Cosa ne avete fatto stavolta? Li avete bruciati, come le altre opere di mio padre?
FREUD: Non togliere meriti al progresso.
ANNA: Nel Medioevo avrebbero bruciato me, ora si accontentano di mettere al rogo i miei libri.
IL NAZISTA: (a denti stretti): Possiamo sempre rimediare.

Istintivamente Anna ha un gesto protettivo verso il padre.

FREUD: (con ironia, senza lasciarsi impressionare): Cercavate documenti antinazisti immagino. Li avete trovati? Non ce n’erano nei libri che avete portato via? (IL NAZISTA: ha un gesto di impazienza, FREUD: fa la faccia di chi capisce fin troppo bene) Le dirò… la verità è che non avreste dovuto frugare lì perché… (abbassa la voce)… i documenti antinazisti più scottanti li tengo… sì, sì… (interessato, IL NAZISTA: si avvicina)… ora glielo dico… (senza fretta)… li tengo… (FREUD: si indica il cranio)… qui!
ANNA: (puntandosi il dito sul cuore): E qui!

Il nazista li squadra con aria minacciosa.

IL NAZISTA: Umorismo ebraico, suppongo.
FREUD: (con lo stesso tono provocatorio): È vero, non ricordavo più di essere ebreo. Sono stati i nazisti a farmici pensare. Che bellezza, è una vera fortuna ritrovarsi ebrei sotto il nazismo. Le giuro che, se non lo fossi già, avrei voluto diventarlo. Per la rabbia! State attenti, potreste scatenare delle vocazioni.

Il nazista  butta giù qualche altro libro.

FREUD: Anna, vai a prendere i soldi.
IL NAZISTA: (subito disteso, con un sorriso da predatore): Lei sì che mi legge nel pensiero, dottor FREUD!
FREUD: Non è molto difficile.
ANNA: Ma papà, non ci sono più soldi.
FREUD: La cassaforte

Indica un punto in fondo alla stanza. Arma vi si reca, solleva il quadro e apre la cassaforte che sta dietro.

FREUD: Si rivolge al nazista in tono educato e mondano.
FREUD: Non le era venuto in mente?
IL NAZISTA: Questi cani di ebrei hanno sempre un osso sepolto da qualche parte.
FREUD: Si lamenti…
ANNA: (al padre): Perché gli diamo ancora soldi?
FREUD: Per avere la pace.
ANNA: Non oso immaginare cosa sarebbe la guerra.
FREUD: Fidati: loro hanno molta più fantasia di te.
ANNA: (posando il denaro sul tavolo, rivolta al nazista): Ecco.
IL NAZISTA: Quanti sono?
FREUD: I Seimila scellini.
IL NAZISTA:  Alla faccia!

Fischio di ammirazione.

FREUD: Vero? Può essere fiero di lei: io non sono mai riuscito a guadagnare tanto in una sola seduta.
IL NAZISTA: (prendendo i soldi): La cosa che più mi disgusta di voi ebrei è che neanche accennate a resistere.
ANNA: (non riesce a contenere la rabbia, esplode): Ha preso i soldi, ora stia zitto e se ne vada!
IL NAZISTA:  (trasalendo): Scusi?
ANNA: Ho detto basta! Si levi dai piedi e dica a quei sudicioni dei suoi uomini di non trascinare i fucili sul pavimento come l’altra volta. Emilia ha faticato tre giorni per togliere le righe dal parquet.
IL NAZISTA: Di’ un po’, giudea, con chi credi di parlare?
ANNA: Ti conviene non chiedermelo!

Il nazista sta per colpire Anna, Freud si mette tra i due. Ma il furore della donna è irrefrenabile.

FREUD: Anna!
ANNA: (al padre): Dobbiamo farci mettere i piedi in testa solo perché un imbecille si mette a strillare insieme ad altri imbecilli?
FREUD: ANNA!
ANNA: Hai visto come gli splendono gli stivali, papà? Sembra marmo nero. Passerà le ore a strofinarli! (Al nazista) Ti senti felice, eh dopo averli cosparsi di cera, quando li vedi brillare già ai primi colpi di spazzola?
IL NAZISTA: : Ma…
ANNA: Poi ci passi il cencio, strusci, strusci e loro diventano sempre più morbidi e lucenti; e più luccicano, più tu ti senti appagato. Di’ la verità, da quanto tempo non fai l’amore? Con le donne non è altrettanto facile brillare, vero?
IL NAZISTA: Questa me la porto via!
ANNA: Nientemeno!
IL NAZISTA: Alla Gestapo!
ANNA: Forse vuole che gli parli ancora di lui, ne sente il bisogno… Vuoi che ti spieghi perché ogni mattina stai dieci minuti buoni a farti la riga nel mezzo, capello per capello? Perché hai la fissazione del ferro da stiro? Perché ti mangi le unghie? Vuoi che ti spieghi perché disprezzi le donne e vai a ingozzarti di birra con gli uomini?
IL NAZISTA: (afferrandola per un braccio): Alla Gestapo!
FREUD: No! Fermo!
ANNA: Lascia stare, papà. Questi vigliacchi non mi fanno paura.
IL NAZISTA: Sai cosa rischi a dire quello che dici?
ANNA: Meglio di te, a quanto pare. Ho l’impressione che lei si stia prendendo troppe libertà, per un semplice ispettore della Gestapo. Si ricordi che abbiamo appoggi in tutto il mondo, che Roosevelt e persino Mussolini sono intervenuti presso il vostro Führer per esigere che ci lasciate andare.

Il nazista si avvicina, sollevando la mano per colpirla.

FREUD: I Bambina mia!
ANNA: (senza arretrare): Sei solo una pedina, caro il mio ispettore, e una pedina che conosce male le regole del gioco! Non lo sai che ce ne andiamo? Lo sanno tutti che ce ne andiamo.
IL NAZISTA: Alla Gestapo! Me la porto alla Gestapo!
ANNA: Come no, ingrassa il gregge! Ti sentirai più forte.
IL NAZISTA: (a Freud): Guardala per l‘ultima volta, ebreo.
ANNA: Non ti preoccupare, papà. Cercano di metterti paura perché sanno che ormai è tardi, non ci possono più toccare.
IL NAZISTA: Ah no? Complimenti, ebreo, riuscita proprio bene la ragazza: brutta e convinta di essere intelligente!

Porta via ANNA: trascinandola per un braccio.

ANNA: (uscendo di scena): Il foglio, papà. Firma quel foglio! E non dire niente a mamma. Ma firmalo, ti prego, sennò non ci daranno mai il lasciapassare. (Liberandosi dalla presa del nazista) Mi lasci! La seguo…

Spariscono. Il nazista  sbatte la porta.

 


 

NOTA SULL’AUTORE

Eric-Emmanuel Schmitt External link è nato a St. Foy Les Layons nel 1960. Ha studiato musica e letteratura e si è laureato in filosofia presso la École Normale Supérieure nel 1983. Dopo aver ottenuto un dottorato nel 1987 è diventato “maître de conférences” all’Università di Chambéry. E’ autore di racconti, romanzi e di opere teatrali tradotte e rappresentate in tutto il mondo ed è considerato uno degli autori di maggior successo nel panorama della drammaturgia francese contemporanea.


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