“Io sono lì!” (Mt 25,31-36)

Pubblico la riflessione di don Agostino Rota Martir sul Vangelo della XXXIV domenica del tempo ordinario.

Vassily Kandinsky (1866-1944), Jüngster Tag (Il giorno del giudizio), Parigi, Centre Georges Pompidou, 1912. Tecnica del dipinto sotto vetro.
L’artista, creatore dell’arte astratta, orchestra una sorta di ‘tonante concerto di colori’, dominato da variazioni di giallo. Nel suo scritto Lo spirituale nell’arte, Kandinsky compara quest’opera a ‘un orecchio strappato dall’agro suono di una tromba’, e il giallo esprime ‘il fracasso dell’apocalisse’, ovvero il suono apocalittico delle trombe che annuncia il giudizio universale.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria.
Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi.
Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?.
E il re risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?. Allora egli risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Mt 25,31-46

I Vangeli delle domeniche precedenti, nel raccontare le diverse parabole di Gesù, parlavano di una assenza: un Signore che intraprende un viaggio e affida ai servi i suoi beni (parabola dei talenti), in un’altra la parabola delle dieci vergini attendono l’arrivo dello sposo, che però tarda a venire. Aaltra forma di assenza. Ci sono altre parabole che raccontano di un Dio che si allontana per fare un viaggio, sembra mancante, lontano. Non è vero che questo Dio è del tutto assente. Questa sua lontananza in un certo senso, è sostituita dalla presenza dei poveri e il Vangelo di questa domenica, Cristo Re dell’universo, fa per l’appunto un elenco dettagliato.

“Ho avuto fame, ho avuto sete, ero straniero, nudo, malato, ero in carcere.”

In un certo senso, sembra dirci: sono proprio costoro che riempiono l’assenza del nostro Signore. Ebbene, quando ci presenteremo davanti a Lui, radunati i popoli delle nazioni, quello che ci verrà chiesto sarà se siamo stati capaci di riconoscere-accogliere i poveri come se fossero il nostro “Padrone” assente. Quasi a dire ad ognuno di noi; “Io sono lì, dentro le loro situazioni e nei loro volti!

Allora, “Separerà gli uni dagli altri.” Non spetterà più a noi il compito di separare. Lo facciamo nella nostra vita, tante volte, in base ai nostri criteri umani, spesso condizionati anche dai non pochi pregiudizi. Separiamo i poveri meritevoli della nostra attenzione, da chi invece ci sono fastidiosi. Separiamo gli stranieri in tanti modi, escludendoli dai nostri cuori. Separiamo all’interno delle nostre città, creando margini, innalzando muri per evitare di vedere gli occhi di chi è scartato, escluso.

Ammettiamolo, oggi non è certo facile non separare, a volte neanche per cattiveria. Purtroppo ci stiamo facilmente abituando, ritenendola un’operazione del tutto normale e necessaria. Continuiamo a separare perché crediamo che sia doveroso, per mantenere l’ordine nella collettività, accettando la logica che separare equivale ad escludere.

Ma separare senza escludere, è possibile oggi?

Nel tempo del Covid si separa per evitare il diffondersi del contagio, non per scartare ed escludere, anzi! Lo si fa proprio per sanare e preservare il bene di tutti. Si cura il malato, combattendo il Virus. È il virus il nemico, non il malato. È ovvio, il malato contagiato diventa prioritario, non solo per la sua salute, anche per quella collettiva. Ebbene, sapremo dimostrare la stessa attenzione anche per quelle categorie di persone, di cui ci parla il vangelo di Matteo? I poveri, coloro considerati come “scarti”, gli affamati, gli stranieri, i carcerati… non sono il nemico da combattere, sono gli ammalati che necessitano di cura e attenzione, ma il virus che li ha contagiati è altrove e sembra che continui a circolare liberamente.

“Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Mt 25,45

don Agostino Rota Martir, 23 novembre 2020

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