William G. Congdon Crocefisso, 1b - 1960

Merini Alda, Corpo d’amore

William G. Congdon Crocefisso, 1b - 1960
William G. Congdon Crocefisso, 1b – 1960

Gesù,
forse è per paura delle tue immonde spine
ch’io non ti credo,
per quel dorso chino sotto la croce
ch’io non voglio imitarti.
Forse, come fece San Pietro,
io ti rinnego per paura del pianto.
Però io ti percorro ad ogni ora
e sono lì in un angolo di strada
e aspetto che tu passi.
E ho un fazzoletto, amore,
che nessuno ha mai toccato,
per tergerti la faccia.

Alda Merini, Da «Corpo d’amore. Un incontro con Gesù»


L’immagine

Congdon eseguì Crocefisso 1b nel marzo del 1960 nello studio di Venezia, poche settimane o pochi giorni prima del numero 2. Queste opere segnano una svolta nel percorso artistico di Congdon, connessa alla conversione religiosa del ’59: emerge clamorosamente la figura umana che la sua pittura fin qui aveva coerentemente escluso e si inaugura un tema sul quale l’artista si accanirà per circa venti anni. Il numero 1b è un dipinto di piccole dimensioni, e la figura del Crocefisso è resa con una estrema economia di mezzi: due barre di nero per la croce e la figura bianca del Cristo sommariamente ma perentoriamente modellata come un candido straccio che pende, la testa reclinata e il volto coperto dai capelli (stilema che verrà poi ripetuto in quasi tutte le successive versioni). Ma ciò che rende assolutamente singolare l’immagine è la presenza evidente, sullo sfondo di un color bronzo piuttosto scuro e uniforme, di due quinte laterali di palazzi incisi nel colore con il punteruolo, procedimento tecnico caratteristico delle vedute congdoniane degli anni ’50. In effetti i palazzi sono perfettamente riconoscibili come le Procuratie di Piazza San Marco, tema prediletto dall’artista nel decennio appena trascorso. La singolarità di tale ambientazione è accentuata anche dalla incongruenza dei due sistemi spaziali: la figura del Cristo Crocefisso occupa il primissimo piano, attraversando coi bracci della croce tutta la superficie del pannello e imponendo una lettura rigorosamente frontale e bi-dimensionale dell’immagine; al contrario, le quinte dei palazzi ne suggeriscono una lettura prospettica e tridimensionale. La piazza può essere letta come simbolo della pittura della stagione passata, rispetto alla quale il Crocefisso si pone in un rapporto complesso, sia di continuità che di discontinuità polemica. Giustamente Michael Pastizzo (1976) ha parlato in proposito di “transitional motif”.

Fonte: http://www.congdonfoundation.com/ITA/Dipinti_a_Olio_1960-1978.html

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