Turoldo David Maria, Lettera alla madre di Pier Paolo Pasolini

Il 6 novembre 1975, nella chiesa di Santa Croce a Casarsa della Delizia   vengono celebrati i funerali di Pier Paolo Pasolini. Ad accoglierlo, nel cuore dell’umile Friuli, un altro poeta friulano, David Maria Turoldo, che dedica un dolce e doloroso scritto alla madre di Pasolini, Susanna Colussi   , straziata dal dolore. Un testo intimo, sentito nel profondo, empatico, profetico e dunque coraggioso e scomodo come padre David sapeva esserlo nella sua profonda autenticità.

Padre David Maria Turoldo ai funerali di Pier Paolo Pasolini a Casarsa (Ud) il 6 novembre 1975
Padre David Maria Turoldo ai funerali di Pier Paolo Pasolini a Casarsa (Ud) il 6 novembre 1975

“Cercherò di dire quello che posso e meglio che posso. Sono un sacerdote e sono venuto come sacerdote ad accompagnare all’ultima dimora l’amico e fratello Pier Paolo. Vi leggerò i pensieri che ho avuto subito dopo aver avuto notizia della sua morte. È alla mamma che mi rivolgevo e che mi rivolgo. È un documento che non ho potuto pubblicare, perciò ve lo leggo qui, nel posto, forse più adatto.

Mamma, è a te che scrivo con tono sommesso e senza rancore. Potrei lasciare libero sfogo all’odio e alla maledizione, ma a che serve? Oggi non serve neppure lo sdegno e il furore. C’è troppa violenza su Roma. Non c’è un fiore più che sbocci in questa periferia romana, e non un alito di vento che ne spanda il profumo; non un fanciullo con la faccia pura; non un prete che preghi… E le messe in piazza S. Pietro servono a poco, né convincono molti a credere che sia questo davvero un anno santo, e che Roma è la città di Dio, secondo la parola del cardinale… C’è solo gente ingrumata e torva, gente che urla dalle baracche; oppure gioventù che pensa a strappare e a uccidere, caricando la ragazza morta nel bagagliaio, e l’altra viva appena, per poter raccontare come “finalmente ce l’hanno fatta” ad ammazzare.
Mamma, ti parlo per lui, che ora ha la bocca piena di sabbia e polvere, e non ti può chiamare: ma ha tanto bisogno di te, mamma; come l’ha sempre avuto lungo tutta la sua martoriata vita: una vita di povero friulano, solo, senza patria e senza pace.

Pasolini nella sua abitazione romana con la madre Susanna Colussi
1963 Roma, Pierpaolo Pasolini nella sua abitazione romana con la madre Susanna Colussi

Eri tu la vera sua patria, il luogo della sua pace, il solo asilo sicuro. Lui così timido, fino al punto di aver paura di ogni cosa, per cui era diventato tanto spavaldo. Tu che riassestavi per lui e per noi tutta quella nostra terra, e la gente umile di cui si sentiva amico e fratello, e il suo paese è la nostra storia di popolo “passato attraverso la lunga tribolazione“. Tu, che eri per lui la sua vera chiesa, il segno di una fede magari bestemmiata ma mai tradita nel profondo della sua passione. Tu, che sei stata la sua madre addolorata sotto la croce, immagine di una umanità che ancora, dalle nostre parti e nei paesi più poveri del mondo, continua a piangere su qualche figlio ucciso, su qualche innocente crocifisso. Mamma, vorrei dirti ora di tornare a casa, di lasciare questa maledetta capitale; di fuggirtene anche a piedi, vestita a nero come sei arrivata, col fazzoletto nero annodato al collo e che ti scende dietro sulle spalle; con la lunga sottana nera, come tutte le donne antiche del nostro Friuli antico, simili appunto a Madonne sul Calvario. Torna come una pellegrina a ritroso, verso paesi certo più miti e più cristiani. Ritorna, riaccompagnandolo in quella terra che non ha mai potuto dimenticare. Per quello era cosi gentile, appunto perché umile come umile è il suo Friuli. E tutti lo devono dire che era così buono, fino al tormento, fino a distruggersi con le sue mani. Ed era così bisognoso di amicizia, come appunto è il mio Friuli, così solo. E gridava ai quattro venti le sue contraddizioni e i suoi peccati, come un russo che ha bisogno di martoriarsi: noi abbiamo anche questi sconfinamenti nella nostra natura. E poi chiediamo scusa di esistere… Era come il minatore in esilio, il carpentiere e il manovale, insonne e ramingo. E tu ora immagina che sia successo appena una disgrazia sul lavoro, quasi fosse caduto da una impalcatura; e tu come madre di un emigrante, ora lo riaccompagni al piccolo cimitero del paese. Così avendo finito il tuo compito di angelo protettore di un figlio tanto fortunato e sfortunato insieme; un figlio divorato dalla stessa vita che tu gli hai dato: una vita rovinata dalla troppa umanità. Là c’è suo padre, ora in pace nella morte, e c’è l’altro figlio ucciso pure lui per la nostra liberazione, e ci sono gli altri morti; e ci sono gli amici ancora vivi, tutta una gente di cui ti puoi fidare; una gente che non viene a disturbarti, ma che ti è vicina; che patisce con te in silenzio, senza darti nemmeno l’aria di patire. Perché, anzi, ti canterà le villotte    della gioia, quella che Pier Paolo aveva cantato e composto, giovanissimo, come sua prima e più viva poesia.

David Maria Turoldo e Pier Paolo Pasolini
David Maria Turoldo e Pier Paolo Pasolini

Perché noi siamo un popolo che canta, anche quando ha da piangere. È questa la nostra natura migliore, come era quella di tuo figlio, vero grande poeta del popolo, voce dei poveri! Perché, per noi, tutto il resto è “segnato”, è il destino. Noi crediamo veramente nel destino! I verbi dei nostri canti sono: “Squegni“, “mi toce“, “è dovere”. Mamma, ricordi? Così ripeteremo la preghiera che un giorno, nel “Stroligut 2 di Cjasarsa” fin dal 1944, proprio questo tuo figlio, così maledetto e così buono, aveva scritto per noi, presi dentro la furia della guerra e della morte:

Crist, pietàt dal nustri paìs. No par fani pi siors di che ch’i sin. No par mandàni ploja. No par mandàni soreli. Patì cialt e freit e dutis li’ tempiestis dal seil, al è il nustri distìn…”.

Cristo, pietà per il nostro paese. Non per farci più ricchi di quel che siamo. Non per mandarci la pioggia. Non per mandarci il sole. Patire il caldo e il freddo e tutte le tempeste del cielo, è il nostro destino.

Lo sappiamo! Quante volte in questa nostra piccola chiesa di Santa Croce, noi ti abbiamo cantato le litanie, perché tu avessi pietà della nostra terra! Ma ora ci accorgiamo di averti pregato per nulla; ora ci accorgiamo che tu sei troppo più in alto e della nostra pioggia e del nostro sole e delle nostre brine. Oggi è la morte che ci gira intorno! Ma da dove viene questa morte? Da dove… ?. In fondo il tuo Pier Paolo, mamma, ha sempre vissuto con la morte dentro, se l’è portata in giro per il mondo lui stesso come suo fardello di emigrante, come suo carico fatale. Ed ora che l’ha raggiunta, è bene che ritorni anche lui a casa. Meglio che il silenzio scenda su quella notte. Quella tua morte del due novembre, Pier Paolo: pareva di sentire i morti morti un’altra volta, i miei morti morti ancora, tuo fratello ucciso ancora; pareva di masticare cenere di morti e .fango tra i denti; pareva che la morte spuntasse ad ogni angolo: Roma era tutta sporca… E tu che portavi sull’intero tuo corpo i segni di un orrendo e assurdo “ecce homo” contrapposto a Cristo… tu finito nella gehenna come il più repellente rifiuto della santa capitale. Ma tu non avevi colpa, tu gridavi la colpa nel tuo corpo di linciato, come figlio della stessa colpa; tu, prima, incarnazione impazzita della grandezza e miseria e ora simbolo della morte ormai dissacrata per sempre. Papa Giovanni e tu, ecco i due estremi di morire… Da ricordare l’orgia di inchiostri di tutti i colori in quei giorni; e il livore e la bava della gente “più pura”. No, meglio non dire più nulla. Dato che non siamo più capaci di un minimo gesto di pietà. E questo mi fa veramente paura: di quanto sia capace di odio e di furore distruttivo (di furor mortis) un uomo di religione; di quanto sadismo egli sia fonte come nessun altro. Ma forse la ragione è proprio questa: che è un uomo di religione, non un uomo di fede, non uomo di vangelo. Come la mettiamo in questo caso? Perché pare che la moltitudine dei “praticanti” sia scatenata.”

David Maria Turoldo

(Tratto da “Chiediamo scusa di esistere”, nel volume Pasolini in Friuli, ed. Corriere del Friuli in collaborazione con il Comune di Casarsa della Delizia, Arti Grafiche Friulane, Udine 1976)


Casarsa della Delizia 6 Novembre 1975 – Il funerale di Pier Paolo Pasolini

Fotografie e montaggio di Dario Bellini, musica di Johann Sebastian Bach-Adagio/ versione di Elise Robineau – Concerto en re mineur BWV974 – Adagio d’apres Benedetto Marcello – Piano & Cello


Padre David Maria Turoldo
Padre David Maria Turoldo

Biografia di Padre Turoldo

Giuseppe Turoldo
(Coderno –Udine 22/11/1916 -Milano 6/2/1992)

1935

Prima professione religiosa (Servi di Maria-Monte Berico): assume il nome di David Maria

1940

Ordinato sacerdote a Vicenza, è inviato al convento di S. Carlo a Milano

1941-53

Partecipa alla Resistenza; fonda il giornaleclandestino L’UOMO, è predicatore ufficiale inDuomo. Si laurea in Filosofia (Univ. Cattolica), poi è assistente di Bontadini (Univ. Urbino). Il suo primo Premio letterario è del ‘47, nel ‘48 pubblica la sua prima raccolta poetica “Io non ho mani”. Fonda il Centro Culturale “Corsia dei Servi”. Collabora con Don Gnocchi e Don Zeno di Nomadelfia

1952-53

Gli viene imposto di lasciare l’Italia ed ha inizio il suo “esilio” in varie città europee 1954-59 Per interessamento di amici e di G. La Pira rientra in Italia: è a Firenze, all’Annunziata, conosce Don Milani, partecipa ai Convegni di La Pira sulla pace, ripropone iniziative milanesi: la “Messa della carità”, il Cineforum, la rivista “Attesa del Regno”

1959-1962

Allontanato dall’Italia per incomprensioni con il card. Florit, sarà in Inghilterra, USA, Canada, Messico, Sudafrica

1962-1989

Rientra in Italia, si stabilisce aFontanella di Sotto il Monte (Abbazia di S.Egidio); fonda la rivista “Servitium”, la comunità “Casa di Emmaus”, il Centro di Studi
Ecumenici “Giovanni XXIII”. Partecipa a trasmissioni televisive, continua l’attività di scrittore (poesia, narrativa, teatro, saggistica, traduzioni)

1989-1991

Gli viene diagnosticato un tumore al pancreas, pubblica Canti Ultimi (‘91) e “Mie notti con Qohelet” (‘92). Riceve il Premio Lazzati dalle mani del Card. Martini (‘91).

1992

Muore il 6/2 a Milano, è sepolto a Fontanella.

Opere poetiche

  • Io non ho mani ‘48
  • Udii una voce ‘52
  • Preghiere tra una guerra e l’altra ‘55
  • Il Sesto Angelo’76
  • Lo scandalo della speranza ‘78,’84
  • Il grande Male’ 1987
  • Come possiamo cantarti, o Madre? ’52-’87
  • Nel segno del Tau ‘88

Raccolte di versi

  • “O sensi miei” ‘90, 2010;
  • “Ultime Poesie” (1991-1992) ‘99,’12;
  • Nel lucido buio ‘02

Raccolte di omelie

  • Il fuoco di Elia profeta ‘93
  • Dialogo tra cielo e terra ‘94

Traduzioni:

  • I Salmi’73; Lungo i fiumi (con Ravasi) ‘87;
  • Quetzalcoatl (di E. Cardenal-Nicaragua) ‘89

Saggi:

  • Uno solo è il Maestro ‘72;
  • Il mio amico Don Milani ‘77,
  • Dialogo sulla tenerezza ‘85;
  • Mia Chiesa ‘98

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