Zarri Adriana, Il Natale di Giuseppe

Rembrandt, Il sogno di Giuseppe, Gemäldegalerie, Berlino
Rembrandt, Il sogno di Giuseppe, Gemäldegalerie, Berlino

Giuseppe, tu eri un bravo ragazzo innamorato, ignaro della sorte che ti sarebbe toccata di vivere; e il Signore Gesù cadde nella tua vita, come una folgore inattesa: una folgore che illuminò ma anche sconvolse. I tuoi progetti di un amore calmo, di una vita tranquilla, di un figlio casalingo, che avesse portato avanti la clientela e la bottega, furono subito delusi.

Ti accorgesti ben presto che il Figliolo di Dio non poteva nascere in pace come gli altri, ma doveva venire a questo mondo con una certa confusione di angeli, di pastori, di magi e perfino di re. E presto avresti dovuto andartene in esilio perché Erode temeva un bambino così piccolo che non sapeva ancora parlare, eppure gli pareva che minacciasse il trono.

E te ne saresti accorto sempre meglio, in seguito, che non era un figliolo come gli altri e tu non eri un padre come gli altri, e la tua stava diventando una famiglia segnata a dito, dalla gente.

E se dopo, per trent’anni, parve che quel ragazzo rientrasse nell’ordine, poi risconvolse tutto da capo, andando in giro per il mondo. E predicava bene; ma forse tu avresti preferito che fosse rimasto accanto a te, a discorrere, la sera, davanti al fuoco acceso; e non saperlo in giro, senza nemmeno un sasso su cui posare il capo, mentre nella tua casa, anche se povera, tu avevi dei letti e dei guanciali…

Eppure, andando avanti, ti saresti anche accorto che non era un uomo amante dei gesti eccezionali, come Giovanni che si era sepolto nel deserto, a mangiar cavallette. No: Gesù avrebbe mangiato alla tua mensa e anche alla mensa degli amici, e si sarebbe comportato in modo molto ordinario e consueto, finché avesse potuto; ma non avrebbe potuto sempre vivere come vivevi tu, come viveva Maria. Perché — avresti compreso anche questo — la semplicità di un profeta è diversa dalla semplicità di un falegname; e se avesse voluto essere semplice ed ordinario a modo tuo, sarebbe stato strano, bizzarro e avrebbe forzato la sua vita. Perché la semplicità di un profeta pur nei fatti ordinari della vita, porta fuori dagli schemi dei più, comporta gesti e situazioni che non sono di tutti, e che non piacciono a tutti.

Ma bisogna aver pazienza anche con il Signore, e soprattutto con Lui. Lo avresti compreso a poco a poco, man mano che si svolgeva la vita del tuo figlio Gesù. Ma cominciavi a comprenderlo anche adesso, da quel via vai di pastori e di curiosi; e dai magi che presto sarebbero giunti dall’Oriente. Insegna a comprenderlo anche a noi; e a restare in attesa paziente di Lui che viene, di Lui che va, di Lui che resta senza farsi conoscere; e Lo riconosciamo solo dopo.

di Adriana Zarri  , Osservatore Romano  , 18 dicembre 2017

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