Milani don Lorenzo, Caro Pipetta

A fine agosto [2015] andai  a trovare un carissimo amico, missionario in Bangaldesh, mentre era, per un breve periodo, a casa dei suoi genitori in Italia. Per caso troviamo il nome “Pipetta”. Si ricordò di una lettera di don Lorenzo Milani. Trovò nello scaffale il libro delle lettere del priore di Barbiana e lesse alcuni stralci.

L’ho ricercata quella lettera. L’ho riletta. La propongo qui, su queste pagine.

Parole che non lasciano tranquilli, parole “alte”, inquiete, scabrose, che rodono.

Idealmente ho collegato il testo all’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium di Francesco Vescovo di Roma. Al capitolo quarto “La dimensione sociale dell’evangelizzazione“, al paragrafo II “L’inclusione sociale dei poveri” troviamo parole che sicuramente sarebbero piaciute a Don Lorenzo Milani e non solo. Riporto solo alcuni lacerti.

186. Dalla nostra fede in Cristo fattosi povero, e sempre vicino ai poveri e agli esclusi, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società. […]

197. Nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso «si fece povero» (2 Cor 8,9). Tutto il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri. […]

198. Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Dio concede loro «la sua prima misericordia». Questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere «gli stessi sentimenti di Gesù» (Fil 2,5). Ispirata da essa, la Chiesa ha fatto una opzione per i poveri intesa come una «forma speciale di primazia nell’esercizio della carità cristiana, della quale dà testimonianza tutta la tradizione della Chiesa». […]

201. Nessuno dovrebbe dire che si mantiene lontano dai poveri perché le sue scelte di vita comportano di prestare più attenzione ad altre incombenze. Questa è una scusa frequente negli ambienti accademici, imprenditoriali o professionali, e persino ecclesiali. Sebbene si possa dire in generale che la vocazione e la missione propria dei fedeli laici è la trasformazione delle varie realtà terrene affinché ogni attività umana sia trasformata dal Vangelo, nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale: «La conversione spirituale, l’intensità dell’amore a Dio e al prossimo, lo zelo per la giustizia e la pace, il significato evangelico dei poveri e della povertà sono richiesti a tutti». Temo che anche queste parole siano solamente oggetto di qualche commento senza una vera incidenza pratica.

205. Chiedo a Dio che cresca il numero di politici capaci di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro mondo! La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune. […]

Non sono solo chiacchere, eloquio.

Entrambi, don Lorenzo e Francesco Vescovo di Roma, uniscono la profezia della Parola alla forza della testimonianza che passa attraverso scelte concrete. Di Francesco ricordo, tra i tanti gesti, la visita al campo rom, la costruzione di docce in vaticano, la bottega del barbiere per i “barboni”, la scelta di risiedere a santa Marta, le scelte coraggiose di allontanare religiosi che si sono macchiati di violenze contro minori, la richiesta di trasparenza nei conti del Vaticano, altri gesti quotidiani e “piccoli” come il tenersi la croce che aveva da cardinale, al “buonasera“, alle scarpe risuolate, al non cambiare montatura ma solo le lenti quella costa troppo, all’invito ai poveri di  visitare la Cappella Sistina


Lettera di don Lorenzo Milani

San Donato 1950

[I links nel testo che segue, sono, ovviamente, miei]

Caro Pipetta,

ogni volta che ci incontriamo tu mi dici che se tutti i preti fossero

come me, allora …

Lo dici perché tra noi due ci siamo sempre intesi anche se te della scomunica (1) te ne freghi e se dei miei fratelli preti ne faresti volentieri polpette. Tu dici che ci siamo intesi perché t’ho dato ragione mille volte in mille tue ragioni.

Ma dimmi Pipetta, m’hai inteso davvero?

E’ un caso, sai, che tu mi trovi a lottare con te contro i signori.
San Paolo non faceva così.

E quel caso è stato quel 18 aprile (2) che ha sconfitto insieme ai tuoi torti anche le tue ragioni. E solo perché ho avuto la disgrazia di vincere che…

Mi piego, Pipetta, a soffrire con te delle ingiustizie. Ma credi, mi piego con ripugnanza. Lascia che te lo dica a te solo. Che me ne sarebbe importato a me della tua miseria?

Se vincevi te, credimi Pipetta, io non sarei più stato dalla tua. Ti manca il pane? Che vuoi che me ne importasse a me, quando avevo la coscienza pulita di non averne più di te, che vuoi che me ne importasse a me che vorrei parlarti solo di quell’altro Pane che tu dal giorno che tornasti da  prigioniero e venisti colla tua mamma a prenderlo non m’hai più chiesto.

Pipetta, tutto passa. Per chi muore piagato sull’uscio dei ricchi, di là c’è il Pane di Dio.

E solo questo che il mio Signore m’aveva detto di dirti. E’ la storia che mi s’è buttata contro, è il 18 aprile che ha guastato tutto, è stato il vincere la mia grande sconfitta.

Ora che il ricco t’ha vinto col mio aiuto mi tocca dirti che hai ragione, mi tocca scendere accanto a te a combattere il ricco.

Ma non me lo dire per questo, Pipetta, ch’io sono l’unico prete a posto. Tu credi di farmi piacere. E invece strofini sale sulla mia ferita.

E se la storia non mi si fosse buttata contro, se il 18… non m’avresti mai veduto scendere lì in basso, a combattere i ricchi.

Hai ragione, sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero a aver ragione.

Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione.

Ma come è poca parola questa che tu m’hai fatto dire. Come è poco capace di aprirti il Paradiso questa frase giusta che tu m’hai fatto dire. Pipetta, fratello, quando per ogni tua miseria io patirò due miserie, quando per ogni tua sconfitta io patirò due sconfitte, Pipetta quel giorno, lascia che te lo dica subito, io non ti dirò più come dico ora: “Hai ragione”. Quel giorno finalmente potrò riaprire la
bocca all’unico grido di vittoria degno d’un sacerdote di Cristo: “Pipetta hai torto. Beati i poveri perché il Regno dei Cieli è loro”.

Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò.

Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso. Quando tu non avrai più fame né sete, ricordatene Pipetta,
quel giorno io ti tradirò. Quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno d’un sacerdote di Cristo: “Beati i…fame e sete”.

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1. La scomunica decretata nel 1948 dal Sant’Uffizio contro tutti quelli che aderivano al Partito  Comunista.

Ricordiamo che nel 1963, nella Lettera Enciclica Pacem in terris Papa Giovanni XXIII scriveva:

83. Non si dovrà però mai confondere l’errore con l’errante, anche quando si tratta di errore o di conoscenza inadeguata della verità in campo morale religioso. L’errante è sempre ed anzitutto un essere umano e conserva, in ogni caso, la sua dignità di persona; e va sempre considerato e trattato come si conviene a tanta dignità. Inoltre in ogni essere umano non si spegne mai l’esigenza, congenita alla sua natura, di spezzare gli schemi dell’errore per aprirsi alla conoscenza della verità. E l’azione di Dio in lui non viene mai meno. Per cui chi in un particolare momento della sua vita non ha chiarezza di fede, o aderisce ad opinioni erronee, può essere domani illuminato e credere alla verità. Gli incontri e le intese, nei vari settori dell’ordine temporale, fra credenti e quanti non credono, o credono in modo non adeguato, perché aderiscono ad errori, possono essere occasione per scoprire la verità e per renderle omaggio.

84. Va altresì tenuto presente che non si possono neppure identificare false dottrine filosofiche sulla natura, l’origine e il destino dell’universo e dell’uomo, con movimenti storici a finalità economiche, sociali, culturali e politiche, anche se questi movimenti sono stati originati da quelle dottrine e da esse hanno tratto e traggono tuttora ispirazione. Giacché le dottrine, una volta elaborate e definite, rimangono sempre le stesse; mentre i movimenti suddetti, agendo sulle situazioni storiche incessantemente evolventisi, non possono non subirne gli influssi e quindi non possono non andare soggetti a mutamenti anche profondi. Inoltre chi può negare che in quei movimenti, nella misura in cui sono conformi ai dettami della retta ragione e si fanno interpreti delle giuste aspirazioni della persona umana, vi siano elementi positivi e meritevoli di approvazione?

85. Pertanto, può verificarsi che un avvicinamento o un incontro di ordine pratico, ieri ritenuto non opportuno o non fecondo, oggi invece lo sia o lo possa divenire domani. Decidere se tale momento è arrivato, come pure stabilire i modi e i gradi dell’eventuale consonanza di attività al raggiungimento di scopi economici, sociali, culturali, politici, onesti e utili al vero bene della comunità, sono problemi” che si possono risolvere soltanto con la virtù della prudenza, che è la guida delle virtù che regolano la vita morale, sia individuale che sociale. Perciò, da parte dei cattolici tale decisione spetta in primo luogo a coloro che vivono od operano nei settori specifici della convivenza, in cui quei problemi si pongono, sempre tuttavia in accordo con i principi del diritto naturale, con la dottrina sociale della Chiesa e con le direttive della autorità ecclesiastica. Non si deve, infatti, dimenticare che compete alla Chiesa il diritto e il dovere non solo di tutelare i principi dell’ordine etico e religioso, ma anche di intervenire autoritativamente presso i suoi figli nella sfera dell’ordine temporale, quando si tratta di giudicare dell’applicazione di quei principi ai casi concreti.

2. Il 18 aprile 1948 la Democrazia Cristiana vinse le elezioni politiche.


Papa Francesco: “Don Milani, un educatore appassionato, innamorato della Chiesa”

Non mi ribellerò mai alla Chiesa perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa“, con questa frase di don Lorenzo Milani, Bergoglio ricorda a 50 anni dalla morte “l’educatore appassionato” e la sua ‘Lettera a una professoressa’, a lungo osteggiata da gerarchie vaticane e civili

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