Giotto, Compianto sul Cristo morto, Cappella degli Scrovegni, Padova.

Jacopóne da Todi, Il pianto della Madonna

Giotto, Compianto sul Cristo morto, Cappella degli Scrovegni, Padova.
Giotto, Compianto sul Cristo morto, Cappella degli Scrovegni, Padova.

«Donna de Paradiso,
lo tuo figliolo è preso
Iesù Cristo beato.

Accurre, donna e vide
che la gente l’allide;5

credo che lo s’occide,
tanto l’ho flagellato»

«Como essere porria,
che non fece follia,

Cristo, la spene mia,10
om l’avesse pigliato?».

«Madonna, ello è traduto,
Iuda sì ll’à venduto;

trenta denar’ n’à auto,
fatto n’à gran mercato».15

«Soccurri, Madalena,
ionta m’è adosso piena!

Cristo figlio se mena,
como è annunzïato».

«Soccurre, donna, adiuta,20
cà ’l tuo figlio se sputa

e la gente lo muta;
òlo dato a Pilato».

«O Pilato, non fare
el figlio meo tormentare,25

ch’eo te pòzzo mustrare
como a ttorto è accusato».

«Crucifige, crucifige!
Omo che se fa rege,

secondo la nostra lege30
contradice al senato».

«Prego che mm’entennate,
nel meo dolor pensate!

Forsa mo vo mutate
de que avete pensato».35

«Traiàn for li latruni,
che sian soi compagnuni;

de spine s’encoroni,
ché rege ss’è clamato!».

«O figlio, figlio, figlio,40

Giotto, Compianto sul Cristo morto, Cappella degli Scrovegni, Padova, particolare
Giotto, Compianto sul Cristo morto, Cappella degli Scrovegni, Padova, particolare

figlio, amoroso giglio!

Figlio, chi dà consiglio
al cor me’ angustïato?

Figlio occhi iocundi,
figlio, co’ non respundi?45

Figlio, perché t’ascundi
al petto o’ sì lattato?».

«Madonna, ecco la croce,
che la gente l’aduce,

ove la vera luce 50
déi essere levato».

«O croce, e que farai?
El figlio meo torrai?

E que ci aponerai,
che no n’à en sé peccato?».55

«Soccurri, plena de doglia,
cà ’l tuo figliol se spoglia;

la gente par che voglia
che sia martirizzato».

«Se i tollit’el vestire,60
lassatelme vedere,

com’en crudel firire
tutto l’ò ensanguenato».

«Donna, la man li è presa,
ennella croc’è stesa;65

con un bollon l’ò fesa,
tanto lo ’n cci ò ficcato.

L’altra mano se prende,
ennella croce se stende

e lo dolor s’accende,70
ch’è plu multiplicato.

Donna, li pè se prènno
e clavellanse al lenno;

onne iontur’ aprenno,
tutto l’ò sdenodato».75

«Et eo comenzo el corrotto;
figlio, lo meo deporto,

figlio, chi me tt’à morto,
figlio meo dilicato?

Meglio aviriano fatto80
ch’el cor m’avesser tratto,

ch’ennella croce è tratto,
stace descilïato!».

«O mamma, o’ n’èi venuta?
Mortal me dà’ feruta,85

cà ’l tuo plagner me stuta
ché ’l veio sì afferato».

«Figlio, ch’eo m’aio anvito,
figlio, pat’e mmarito!

Figlio, chi tt’à firito?90
Figlio, chi tt’à spogliato?».

«Mamma, perché te lagni?
Voglio che tu remagni,

che serve mei compagni,
ch’êl mondo aio aquistato».95

«Figlio, questo non dire!
Voglio teco morire,

non me voglio partire
fin che mo ’n m’esc’el fiato.

C’una aiàn sepultura,100
figlio de mamma scura,

trovarse en afrantura
mat’e figlio affocato!».

«Mamma col core afflitto,
entro ’n le man’ te metto105

de Ioanni, meo eletto;
sia to figlio appellato.

Ioanni, èsto mea mate:
tollila en caritate,

àginne pietate,110
cà ’l core sì à furato».

«Figlio, l’alma t’è ’scita,
figlio de la smarrita,

figlio de la sparita,
figlio attossecato!115

Figlio bianco e vermiglio,
figlio senza simiglio,

figlio e a ccui m’apiglio?
Figlio, pur m’ài lassato!

Figlio bianco e biondo,120
figlio volto iocondo,

figlio, perché t’à el mondo,
figlio, cusì sprezzato?

Figlio dolc’e piacente,
figlio de la dolente,125

figlio àte la gente
mala mente trattato.

Ioanni, figlio novello,
morto s’è ’l tuo fratello.

Ora sento ’l coltello130
che fo profitizzato.

Che moga figlio e mate
d’una morte afferrate,

trovarse abraccecate
mat’e figlio impiccato!».

Fonte: https://it.wikisource.org/wiki/Donna_de_Paradiso


Testo recitato

Dino Becagli


Jacopóne da Todi

Iacopóne da Todi (propr. I. dei Benedetti). – Poeta (n. Todi – m. Collazzone 1306). È il mistico che diede alla poesia italiana le note più acute di un’esperienza religiosa vissuta nelle sue accese esaltazioni, nei suoi prorompenti entusiasmi e nelle sue tormentose nostalgie del divino. Le sue laudi, tra cui il Pianto della Madonna costituisce uno dei suoi capolavori, documentano la storia di un’anima che dal ricordo e dalla meditazione del peccato attinge le vette della sua essenza spirituale, operando secondo la volontà di Dio: ne scaturisce una poesia didascalica e morale le cui forme sono il crudo realismo che, negato spiritualmente, si afferma in rappresentazioni concrete, scabre e discordanti. Tra i suoi componimenti occorre segnalare anche la preghiera in latino Stabat mater.

Vita

Incerta la sua biografia, mista di elementi leggendari. Nato nel quarto decennio del sec. 13º, pare esercitasse la professione legale, e fosse amante dei piaceri mondani. La morte della moglie (secondo la leggenda, Vanna, figlia di Bernardino di Guidone dei conti di Coldimezzo), avvenuta durante una festa, per il crollo di una volta (1268), determinò l’improvvisa conversione del marito, che vestì l’abito dei terziarî francescani, si diede per dieci anni alla penitenza, ed entrò infine nell’ordine dei frati minori (1278). Nel contrasto tra gli spirituali e i conventuali fu coi primi, e perciò avverso a Bonifacio VIII. Fu infatti tra i firmatarî del manifesto di Lunghezza con cui si deponeva Bonifacio e si chiedeva la convocazione del concilio (10 maggio 1297). Quando il papa occupò Palestrina, fortezza dei Colonna che proteggevano gli spirituali, I., che era lì, patì la prigione a Castel S. Pietro sino alla morte di Bonifacio, da lui invano supplicato perché gli togliesse la scomunica. Benedetto XI lo liberò da questa e dalla prigionia; egli allora si ritirò nel convento di S. Lorenzo a Collazzone: dal Quattrocento è sepolto e venerato in San Fortunato a Todi.


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