Il presepe

Presepi
PresepiDic 31, 2015Photos: 17
 

La tradizione vuole che ad ideare il presepe (s. m. [dal lat. praesepium o praesepe «greppia, mangiatoia», comp. di prae- «pre-» e saepire «cingere, chiudere con una siepe (lat. saeps saepis)»] Treccani) fu San Francesco nel 1223 in una grotta di Greccio (nel reatino, Lazio) per ricordare agli uomini che la nascita di Gesù non è un avvenimento lontano nella storia e nel tempo ma la nascita di Gesù nella povertà e nei disagi avviene tutti i giorni per gli uomini che lo sanno riconoscere negli altri (Mt 25,31-46). La tradizione del presepio era in realtà ben anteriore a S.Francesco e la si può intravedere anzitutto nelle sacre rappresentazioni che venivano inscenate sui sagrati delle chiese.

In Francesco assume anche un nuovo significato. In un’epoca in cui si facevano le crociate (anche) per riconquistare alla cristianità i luoghi santi, il presepe ci ricorda che Gesù “nasce” e dobbiamo imparare a riconoscerlo in mezzo a noi senza andare alla conquista militare armata di Betlemme (Bet Lehem, letteralmente:  “casa del pane”).

Il primo presepe con tutti i personaggi risale al 1283, per opera dello scultore Arnolfo di Cambio, che realizzò otto statuine lignee che rappresentavano la natività e i Magi.

ARNOLFO DI CAMBIO, Presepe, 1291. Roma, Basilica di Santa Maria Maggiore, Cappella Sistina
Arnolfo Di Cambio, Presepe, 1291. Roma, Basilica di Santa Maria Maggiore, Cappella Sistina

L’idea del presepe ebbe successo perché venne propagandata dai francescani, dai dominicani e poi anche dai gesuiti, imponendosi in tutto il mondo cattolico. Ma dall’originale celebrazione con personaggi in carne ed ossa rimane poco: diventa presto un presepio immobile con statuine di legno, pietra, terracotta.

Si perse soprattutto lo spirito con il quale era stato ideato. Infatti nel 1700 (pensiamo a Napoli ad esempio) divenne simbolo di moda e di ricchezza in quanto i nobili facevano a gara nel commissionare il presepe più bello e prezioso.


Il presepe di Greccio
Fonti Francescane capitolo XXX

466 84. La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.

467 Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.

468 A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore. C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.

469 85. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme. Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.

470 86. Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole. Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.

471 87. Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute. Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell’anima e santificazione del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.

Questa VITA PRIMA di san Francesco, che il francescano abruzzese Tommaso da Celano (c. 1190/c. 1260) scriveva tra il 1228 e l’inizio del 1229, è la prima biograha del Poverello. E, al tempo stesso, è il capostipite di diverse altre Vite o Leggende non riportate in questo volume, in quanto ne ripetono la matrice. Ciò vale soprattutto per la Vita di san Francesco di Giuliano da Spira (c. 1232/1239), per la Leggenda versificata di Enrico d’Avranches (c. 1232/1234), per la Leggenda corale dello stesso Tommaso (c. 1230/ /1232), mentre ci sfugge il testo della Leggenda «Quasi stella matutina » scritta da Giovanni da Celano, fratello di Tommaso. Il valore biografico e letterario della Vita prima è fuori discussione; ha pesato tuttavia sulle sue vicende la decisione del Capitolo generale di Parigi del 1266, che ordinò di distruggere tutte le precedenti biografie di Francesco, dopo che Bonaventura da Bagnoregio, ministro generale, ebbe compilato la sua Leggenda maggiore (1263). L’opera bonaventuriana riuniva in un solo corpo letterario la biografia del Santo, edulcorando le testimonianze dirette che Tommaso, tra il 1228 e il 1253, aveva inserito nella sua «trilogia» (Vita prima, Vita seconda e Trattato dei miracoli ) . Ritrovata (in un manoscritto non molto valido) e pubblicata, per la prima volta, dai Bollandisti nel 1768, la Vita prima si rivelò, in ambito moderno, un documento di grande autorità, nonostante le sue preoccupazioni letterarie. Per la loro edizione critica, gli editori di Quaracchi (in AF, X, pp. 1-117, ma si veda anche, ivi, M. Bihl, pp. III-XIX) non hanno avuto a disposizione che una decina di manoscritti, alcuni dei quali mutili. Il nostro volgarizzamento segue tale edizione.

Fonte: https://www.assisiofm.it/uploads/216-Vita%20prima%20di%20san%20Francesco.pdf


Per saperne di più


Uomini e profeti, Tradizioni e iconografie del Presepe, puntata del 26 dicembre 2020


Note

Testo consultato: ANNA BENVENUTI, Accadde a Betlemme, in Medioevo, anno 2 n.1 (12) Gennaio 1998, pp.34-38.