Andersen Hans Christian, La piccola fiammiferaia

Faceva un freddo terribile, nevicava e calava la sera – l’ultima sera dell’anno, per l’appunto, la sera di San Silvestro. In quel freddo, in quel buio, una povera bambinetta girava per le vie, a capo scoperto, a piedi nudi. Veramente, quand’era uscita di casa, aveva certe babbucce; ma a che le eran servite? Erano grandi grandi – prima erano appartenute a sua madre, – e così larghe e sgangherate, che la bimba le aveva perdute, traversando in fretta la via, per scansare due carrozze, che s’incrociavano con tanta furia… Una non s’era più trovata, e l’altra se l’era presa un monello, dicendo che ne avrebbe fatto una culla per il suo primo figliuolo.

 La piccola fiammiferaia, Ruth Núñez e Marisa Paredes, foto di Manuel de Los Galanes
La piccola fiammiferaia, Ruth Núñez e Marisa Paredes,
foto di Manuel de Los Galanes

E così la bambina camminava coi piccoli piedi nudi, fatti rossi e turchini dal freddo: aveva nel vecchio grembiale una quantità di fiammiferi, e ne teneva in mano un pacchetto. In tutta la giornata, non era riuscita a venderne uno; nessuno le aveva dato un soldo; aveva tanta fame, tanto freddo. e un visetto patito e sgomento, povera creaturina… I fiocchi di neve le cadevano sui lunghi capelli biondi, sparsi in bei riccioli sul collo; ma essa non pensava davvero a riccioli! Tutte le finestre scintillavano di lumi; per le strade si spandeva un buon odorino d’arrosto; era la vigilia del capo d’anno: a questo ella pensava.
Nell’angolo formato da due case, di cui l’una sporgeva innanzi sulla strada, sedette, abbandonandosi, rannicchiandosi tutta, tirandosi sotto le povere gambine. Il freddo la prendeva sempre più ma la bimba non osava tornare a casa: riportava tutti i fiammiferi e nemmeno un soldino. Il babbo l’avrebbe certo picchiata; e del resto, forse che non faceva freddo anche a casa? Abitavano proprio sotto il tetto, ed il vento ci soffiava tagliente, sebbene le fessure più larghe fossero turate, alla meglio, con paglia e cenci. Le sue manine erano quasi morte dal freddo. Ah, quanto bene le avrebbe fatto un piccolo fiammifero! Se si arrischiasse a cavarne uno dallo scatolino, ed a strofinarlo sul muro per riscaldarsi le dita… Ne cavò uno, e trracc! Come scoppiettò! come bruciò! Mandò una fiamma calda e chiara come una piccola candela, quando ella la parò con la manina. Che strana luce! Pareva alla piccina d’essere seduta dinanzi ad una grande stufa di ferro, con le borchie e il coperchio ottone lucido: il fuoco ardeva così allegramente, e riscalda così bene!… La piccina allungava giù le gambe, per riscaldar anche quelle… ma la fiamma si spense, la stufa scomparve —, ella si ritrovò là seduta, con un pezzettino di fiammifero bruciato tra le mani.
Ne accese un altro: anche questo bruciò, rischiarò, e il muro nel punto in cui batteva la luce, divenne trasparente come un velo. La bambina vide proprio dentro nella stanza, dove la tavola era apparecchiata, con una bella tovaglia, d’una bianchezza abbagliante, e con finissime porcellane; nel mezzo della tavola l’oca arrostita fumava, tutta ripiena di mele cotte e di prugne. I più bello poi fu che l’oca stessa balzò fuor del piatto, e, col trinciante ed il forchettone piantati nel dorso, si diede ad arrancare per la stanza, dirigendosi proprio verso la povera bambina… Ma il fiammifero si spense, e non vide più che il muro opaco e freddo.
La piccolina accese un terzo fiammifero. E si trovò sotto a un magnifico albero, ancora più grande e meglio ornato quello che aveva veduto, attraverso i vetri dell’uscio, nella casa del ricco negoziante, la sera di Natale. Migliaia di lumi scintillavano tra i verdi rami, e certe figure colorate, come quelle che si vedono esposte nelle mostre dei negozi, guardavano la piccina. Ella tese le mani… e il fiammifero si spense. I lumicini di Natale  volarono su in alto, sempre più in alto; ed ella si avvide allora ch’erano le stelle lucenti. Una stella cadde, e segnò una lunga striscia di luce sul fondo oscuro del cielo.
—    Qualcuno muore! — disse la piccola, perché la sua vecchia nonna (l’unica persona al mondo che l’avesse trattata amorevolmente, — ma ora anch’essa era morta), la sua vecchia nonna le aveva detto:
—    Quando una stella cade, un’anima sale a Dio.
Strofinò contro il muro un altro fiammifero, che mandò un grande chiarore all’intorno ed in quel chiarore la vecchia nonna apparve, tutta raggiante, e mite, e buona…
—    Oh, nonna! — gridò la piccolina: — Prendimi con te! So che tu sparisci, appena la fiammella si spegne, come sono spariti la bella stufa calda, l’arrosto fumante, e il grande albero di Natale!
Presto presto, accese tutti insieme i fiammiferi che ancora rimanevano nella scatolina: voleva trattenere la nonna. I fiammiferi diedero tanta luce che nemmeno di pieno giorno è così chiaro: la nonna non era mai stata così bella, così grande… Ella prese la bambina tra le braccia, ed insieme volarono su, verso lo Splendore e la Gioia, su, in alto, in alto, dove non c’è più fame, né freddo, né angustia, — e giunsero presso Dio.
Ma nell’angolo tra le due case, allo spuntare della fredda alba, fu veduta la piccina, con le gotíne rosse ed il sorriso sulle labbra, morta assiderata nell’ultima notte del vecchio anno. La prima alba dell’anno nuovo passò sopra il cadaverino, disteso prima con le scatole dei fiammiferi, di cui una era quasi tutta bruciata.
— Ha cercato di scaldarsi… — dissero.
Ma nessuno seppe tutte le belle cose che ella aveva veduto; nessuno seppe tra quanta luce era entrata, con la vecchia nonna; nella gioia della nuova Alba.

Hans Christian Andersen


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