Candela di Natale

Honegger Arthur (1892-1955), Une Cantate de Noël (Cantata di Natale)

Arthur Honegger
(Le Havre 1892 – Parigi 1955)

Une Cantate de Noël (Cantata di Natale)
per Baritono, Coro, Coro di Voci Bianche e Orchestra

Data di composizione
1952-1953

Prima esecuzione
Basilea, 18 dicembre 1953

Direttore
Paul Sacher

Organico
Baritono, Coro,
Coro di Voci Bianche,
2 Flauti, 2 Oboi,
2 Clarinetti, 2 Fagotti,
4 Corni, 3 Trombe,
3 Tromboni, Organo,
Arpa, Archi


Video

 


 

Approfondimenti

La Cantata di Natale di Honegger
Tratto dal libretto di sala dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

La composizione di Une Cantate de Noël fu una sorta di testamento spirituale per Arthur Honegger. Si tratta infatti della sua ultima composizione di ampio respiro, composta tra il 1952 e il 1953, due anni prima della morte, anche se il progetto risaliva a diversi anni addietro. Tutto aveva avuto inizio nel 1937 quando il compositore aveva incontrato il poeta svizzero Cäsar von Arx (nato a Basilea nel 1895), e insieme avevano progettato di realizzare una sacra rappresentazione, una passione in due parti, da eseguire, nell’arco di una intera giornata, nella città svizzera di Selzach. Honegger aveva cominciato a lavorare alla partitura tra il novembre del 1940 e il febbraio del 1941, ci era tornato sopra alla fine del 1942, e ancora nel dicembre del 1944, ricevendo da von Arx il testo scena dopo scena. Honegger lavorava senza fretta, perché era consapevole che un’esecuzione si sarebbe potuta avere solo dopo la fine della guerra. Ma diverse circostanze fecero poi accantonare il progetto, anche a guerra finita: nel 1947 Honegger, che era sempre stato un uomo in ottima salute, ebbe un attacco di cuore dal quale non si ristabilì più; nel 1949 von Arx si suicidò. E la Passione di Selzach rimase incompiuta.

Qualche anno dopo, però, ci pensò Paul Sacher a convincere il compositore a riprendere in mano il progetto. Il celebre direttore d’orchestra e mecenate della musica contemporanea, dal quale Honegger aveva già ricevuto numerose commissioni, gli propose di ricavare da quegli abbozzi una Cantata natalizia, che sarebbe stata eseguita per le celebrazioni dei 25 anni dell’Orchestra e Coro da Camera di Basilea previste per il Natale del 1951. Honegger riprese circa metà della musica già scritta, cioè tutta la musica dedicata all’episodio della Natività (lasciando fuori le parti sulla Creazione del mondo, sul Paradiso terrestre, sull’Annuncio della venuta di Cristo, su Giobbe). Ma le condizioni di salute sempre peggiori, aggravate da una flebite e da un’embolia polmonare, gli impedirono di completare la partitura in tempo utile. La composizione fu quindi ultimata solo all’inizio del 1953 (un’indicazione in fondo alla partitura ricorda il materiale di provenienza: “Paris, 25 janvier 1953, d’après l’esquisse du 24 janvier 1941”) e fu eseguita il 18 dicembre 1953, a Basilea, con il baritono Derrik Olsen, Paul Sacher sul podio, e il compositore in sala che poté assistere a un autentico trionfo. Oltre al baritono solista, la partitura chiama in causa un coro di bambini, un coro misto, grande orchestra e organo.

Nella sua architettura semplice, simmetrica, mette insieme testi popolari e liturgici, compresi salmi e parti del Gloria latino. Ma la sua particolarità è la mescolanza di canti natalizi di diverse provenienze (Francia, Germania, Austria, Inghilterra) che si intrecciano in una trama corale e orchestrale di grande ricchezza timbrica, che testimonia la maestria contrappuntistica del compositore, e sembra esprimere una volontà di pace e di armonia tra nazioni diverse, a pochi anni dalla fine della Guerra.

La lenta introduzione (Largo) è dominata dall’organo con le sue armonie dissonanti, piene di mistero, sulle quali si avviluppano prima sinuose e sinistre linee degli archi gravi (Andante) – che riecheggiano la Sinfonia Liturgique del 1945 –, poi anche il coro, che dopo alcuni vocalizzi intona il salmo «Decantata di natale profundis clamavi ad te Domine». Da qui una stratificazione di linee, punteggiata da figure strumentali violente come staffilate, e una graduale espansione della polifonia verso il registro acuto, generano un inesorabile crescendo che prende le movenze di una sinistra marcia, scandita dal pizzicato dei violoncelli e dei contrabbassi, quindi culmina in un fitto ordito di nervose figure dei fiati (Doppio Movimento), e alla fine nel grido del coro “O komm, komm Emmanuel” (Largo), fortemente dissonante, accompagnato dalla massa dei fiati. Poi tutto si scioglie in una sezione corale morbida, intrisa di lirismo, con il coro delle voci bianche che risponde con un delicato arabesco sulle parole «Joie et Paix su toi, Israël» (Poco meno Largo).

Qui ha inizio la seconda parte della Cantata. L’assolo dell’organo, le fanfare delle trombe, l’ampia frase del baritono che annuncia l’arrivo di Cristo (“Fürchtet euch nicht”) preparano un nuovo episodio corale, introdotto questa volta dalle voci bianche con un antico canto di natale tedesco (“Es ist ein Reis entsprungen aus einer Wurzel”). Quindi altri canti natalizi (in partitura Honegger suggerisce che vengano cantati, ciascuno nella lingua originale) si alternano e si sovrappongono in una sapiente polifonia che riprende l’antica pratica del Quodlibet bachiano: il coro e le voci bianche prima si alternano, poi si intrecciano in un gioco frammentato, e alla fine si fondono su un lungo pedale dominato dal celebre «Stille Nacht, Heilige Nacht» (in cui si avvicendano contralti, tenori e bassi, raddoppiati dai corni, e accompagnati dagli ampi arabeschi degli archi).

Questa visione angelica sfuma in un Adagio, con un effetto armonicamente straniante, che conduce alla parte finale della Cantata. Al “Gloria in excelsis”, intonato dal baritono, risponde una voce bianca che accenna l’incipit gregoriano del salmo “Laudate Dominum omnes gentes”, che il coro riprende prima sottovoce, poi scandendolo radiosamente su massicci accordi orchestrali in tempo ternario, con un piglio ritmico un po’ händeliano, un po’ stravinskijano, mentre le voci bianche (insieme alla tromba) intonano il tema gregoriano come un cantus firmus. La tensione di questo episodio culmina in un grande “Amen” e poi si scioglie in un vocalizzo di tutto il coro, e in un nuovo Quodlibet (Largo), simmetrico al primo, ma affidato alla sola orchestra, che ricapitola i temi natalizi in una fitta trama di grande carica evocativa. Poco a poco l’ordito si dirada, e lascia solo echi frammentari di quelle melodie, che sembrano perdersi in lontananza, mentre riaffiorano, retrogradate, le misteriose armonie iniziali dell’organo.

Fonte: La musica di RaiTre