Il Vangelo secondo Matteo rimane comunque un capolavoro, e probabilmente il miglior film su Gesù mail girato. Sicuramente, quello in cui la sua parola risuona più fluida, aerea e insieme stentorea. Scolpita nella spoglia pietra come i migliori momenti del cinema pasoliniano.
Osservatore Romano, 22 luglio 2014Fondamentale per la sua formazione culturale e artistica è stato l’incontro con Roberto Longhi, il più gande storico dell’arte italiana del Novecento, di cui Pier Paolo Pasolini frequentava le lezioni a Bologna. Alla morte dell’amato professore avvenuta nel 1970 Pasolini “commemorava in Longhi colui che, nel mezzo dell’epoca fascista, aveva saputo eliminare qualsiasi inutile retorica, storicamente fondata delle opere d’arte. Longhi aveva creato, nell’auletta universitaria di via Zamboni 33, l’atmosfera magica di un’isola felice dove gli studenti vedevano scorrere le immagini proiettate sullo schermo e commentate con attenzione i tutti i loro particolari. Così, diceva Pasolini, era nata la sua attenzione per il cinema: immagini cariche di bellezza che esprimono il “sacro” della realtà“. (A lezione da Roberto Longhi in Pier Paolo Pasolini, folgorazioni figurative, 2022, edizioni cineteca di Bologna, p.13)
Lezioni che Pasolini ha fatto sue. Troviamo ampie citazioni artistiche nei suoi film. Lo stesso Pasolini ci da conferma di quanto appena detto accennando ai richiami pittorici nel suo film Il vangelo secondo Matteo: “nel Vangelo si incontrano fonti varie e diverse: Piero della Francesca (negli abiti dei farisei), la pittura bizantina (il viso del Cristo simile a quelli di Rouault) eccetera.“
Nelle scene proposte, quelle dell’inizio del Vangelo secondo Matteo, è possibile dunque riscontrare alcuni richiami ad opere d’arte italiane e non solo all’arte ovviamente. Saranno queste citazioni implicite che cercherò di mostrare e soprattutto il collegamento con un quadro presente a Cremona nella chiesa di S.Imerio, in via Ferrante Aporti 24, poco distante dalla casa, sita all’inizio di via XI febbraio, dove Pier Paolo Pasolini abitò dal 1933 al 1935, Genovesino, Riposo durante la fuga in Egitto, 1651.
In un libro-intervista alla domanda di Jon Halliday
“Non crede di aver troppo sovraccaricato il testo di Matteo, ad esempio con tutte quelle citazioni pittoriche?”
Pasolini rispose:
“No, credo che siano appropriate, come dimostra l’unità finale raggiunta. Lei ne è stato sfavorevolmente colpito, ma io non le trovo irritanti. Inoltre, come le ho detto, io volevo fare la storia di Cristo più duemila anni di cristianesimo. E, almeno per un italiano come me, la pittura ha avuto enorme importanza in questi duemila anni, e anzi è il maggiore elemento della tradizione cristologica.”
(Pasolini su Pasolini. Conversazioni con Jon Halliday, ed. Guanda, 2014)
Due premesse
La prima riguarda il testo del Vangelo di Matteo che Pasolini lesse mentre era ospite alla Cittadella di Assisi [qui i passi inerenti alle scene del film proposte] e che rappresenta la fonte principale che soggiace alla sceneggiatura del film. Vi sono solo due frasi che non sono direttamente prese dai vangeli e sono dei profeti.
Pasolini arrivò ad Assisi il 2 ottobre del 1962. Dieci giorni dopo avrebbe avuto inizio il Concilio Vaticano II. I suoi passi alla Pro Civitate Christiana si incrociarono da lontano con quelli del Papa a cui avrebbe dedicato il suo lavoro sul Vangelo, scriverà in seguito: “Ero ospite alla Pro Civitate Christiana d’Assisi, dove sono tornato più di una volta anche dopo, essendo quella porta sempre aperta anche a gente come me. Era il 2 ottobre 1962, stava per arrivare da Loreto Giovanni XXIII, il primo Papa che era uscito dal Vaticano e che veniva a pregare sulla tomba del Poverello per il destino del Concilio imminente… Pensavo a quel dolcissimo Papa contadino che aveva aperto i cuori e una speranza che sembrava allora sempre più difficile, e al quale si erano aperte le porte di Regina Coeli, dove era andato a “guardare negli occhi” ladri e assassini, armato solo di un’immensa ed arguta pietà. Sentii anch’io, per un momento, il desiderio di alzarmi e andargli incontro, di vederlo da vicino e di guardarlo negli occhi. Ma mentre ormai le campane rombavano anche sulla mia testa, di colpo il desiderio di vederlo svanì. Mi resi conto che sarei stato un’irritante distrazione per molta gente; mi avrebbero accusato di cercare una facile pubblicità. Non mi sentivo il figliol prodigo, e per molti quel gesto sarebbe stato soltanto una sceneggiata di cattivo gusto. D’istinto allungai la mano al comodino, presi il libro dei Vangeli che c’era in tutte le camere e cominciai a leggerlo…”. (Agata Diakoviez, Pasolini e Assisi: alla Cittadella la vitalità e l’eredità di un legame, lunedì 29 agosto 2022)
La seconda premessa è in realtà un invito a vedere le scene del film del Vangelo secondo Matteo di Pasolini la cui la visione è fondamentale e imprescindibile per capire quanto andrò presentando successivamente.
Appendice
Il quadro che nella videolezione collego alla scena della strage degli innocenti.
Pasolini usa, nella scena dell’attacco dei soldati che segna l’inizio della strage degli innocenti, come sottofondo sonoro, il brano di Prokof’ev utilizzato da Ėjzenštejn nel film Aleksandr Nevskij e precisamente nella famosa sequenza «attacco sui ghiacci», dove il principe Nevskij sconfigge cavalieri teutonici sul lago ghiacciato.