0_602 – Quia sincera

GREGORIO I MAGNO
(3 Settembre 590 – 12 Marzo 604)

Lettera “Quia sincera”
al vescovo Pascasio di Napoli, novembre 602

De tolerantia persuasionis religiosae aliorum

Qui sincera intenzione extraneos ad christianam religionem, ad fidem cupiunt rectam adducere, blandimentis debent, non asperitatibus, studere, ne quorum mentem reddita piana ratio poterat provocare, pellat procul adversitas. Nam quicumque aliter agunt et eos sub hoc velamine a consueta ritus sui volunt cultura sospendere, suas illi magis quam Dei probantur causas attendere. Iudaei siquidem Neapolim habitantes questi Nobis sunt asserentes, quod quidam eos a quibusdam feriarum suarum solemnibus irrationabiliter nitantur arcere, ne illis sit licitum, festivitatum suarum solemnia colere, sicut eis nunc usque et parentibus eorum longis retro temporibus licuit observare vel colere. Quod si ita se veritas habet, supervacuae rei videntur operam adhibere. Nam quid utilitatis est, quando, etsi contra longum usum fuerint vetiti, ad fidem illis et conversionem nihil proficit? Aut cur Iudaeis, qualiter caeremonias suas colere debeant, regulas ponimus, si per hoc eos lucrari non possumus? Agendum ergo est, ut ratione potius et mansuetudine provocati sequi nos velint, non fugere, ut eis ex eorum Codicibus ostendentes quae dicimus ad sinum matris Ecclesiae Deo possimus adiuvante convertire. Itaque fraternitas tua eos monitis quidem, prout potuerit Deo adiuvante, ad convertendum accendat et de suis illos solemnitatibus inquietari denuo non permittat, sed omnes festivitates feriasque suas, sicut hactenus … tenuerunt, liberam habeant observandi celebrandique licentiam.


La tolleranza nei confronti delle convinzioni religiose di altri

Coloro che con sincera intenzione desiderano portare alla retta fede quanti sono lontani dalla religione cristiana, debbono provvedere con (parole) attraenti, e non aspre, che un sentire ostile non allontani coloro la cui mente avrebbe potuto essere stimolata dall’adduzione di una chiara motivazione. Infatti chiunque agisca diversamente e li voglia con questo pretesto allontanare dal culto consueto del loro rito, dimostra di impegnarsi maggiormente per i propri interessi che per quelli di Dio. Alcuni giudei appunto, che abitano a Napoli, si sono lamentati presso di Noi, asserendo che qualcuno si sforza irrazionalmente di impedire loro la celebrazione di alcune loro feste, che ad essi (cioè) non sia permesso di celebrare le loro feste come finora a loro e in tempo lontano addietro ai loro antenati era lecito osservare e celebrare. Se la verità sta in questo modo, evidentemente prestano opera per una causa totalmente inutile. Infatti che cosa porta di utilità impedire un’antica usanza, se ciò a loro non giova nulla per la fede e la conversione? O perché stabilire per i giudei regole come debbano celebrare le loro festività, se con ciò non possiamo guadagnarli (alla fede)? Si deve perciò piuttosto agire in modo che, provocati dalla ragione e dalla mansuetudine, vogliano seguirci, non fuggire, affinché, mostrando loro dai loro Scritti ciò che noi affermiamo, li possiamo con l’aiuto di Dio convertire (portandoli) nel grembo della madre chiesa. Perciò la tua fraternità, per quanto con l’aiuto di Dio potrà, li sproni con moniti alla conversione e non permetta che vengano di nuovo disturbati per via delle loro festività, ma abbiano la libera concessione di osservare e di celebrare tutte le loro ricorrenze e feste, come finora … hanno fatto.