Ausmerzen vite indegne di essere vissute

ausmerzen“Ausmerzen”, “verbo gentile”, come dice Paolini, “che evoca la terra e il mese di marzo, quando i pastori, prima della transumanza, sopprimevano le pecore e gli agnelli troppo lenti, tant’è che in tedesco significa ‘sopprimere chi rallenta la marcia, chi è troppo lento per seguire il branco’” (ma è anche sinonimo di ‘sradicare, abbattere, eliminare, rifiutare, dimenticare, espungere, estirpare, radiare’) è la cronaca agghiacciante dello sterminio di massa, che prepara la soluzione finale, raccontata col distacco paradossale di uno che avrebbe potuto esserne sia la vittima sia il responsabile, e la freddezza di chi mettendolo in scena cerca di aiutare la gente a affrontare i dilemmi che pone. “Lo spettacolo segue le origini delle idee eugenetiche”, spiega infatti Paolini. “Racconta ciò che accadde in Germania tra il 1934 e il 1939, l’accelerazione della macchina burocratica tedesca verso la sterilizzazione di massa, quando l’eugenetica diventa disciplina universitaria, e poi il salto dalla sterilizzazione all’eliminazione. C’è la storia del primo bambino disabile sequestrato e soppresso. La fase ufficiale del programma T4 dura due anni, dal primo settembre 1939 all’estate 1941. Esiste persino un bilancio di 70.292 vittime, ma si tratta di stime. E c’è anche il racconto della così detta “eutanasia selvaggia”, termine che rischia di sembrare un alibi, ma indica la morte negli ospedali psichiatrici di altre 230 mila persone tra il settembre del 1941 e il settembre del 1945. La guerra finisce ai primi di maggio del 1945, ma la macchina eutanasica non si ferma, anzi continua a funzionare per anni. Tant’è vero che fino al 1948, negli ospedali psichiatrici tedeschi l’indice di mortalità resta altissimo. In Italia, invece, di quei dati non ci sono stime, mancano le statistiche”.
“Cent’anni fa per finire in manicomio bastava che ci fossero troppi figli in famiglia, che qualcuno avesse un problema”, dice Paolini. “Molti ragazzi, di cui racconto in ‘Ausmerzen’, se avessero avuto un insegnante di sostegno si sarebbero salvati la vita. L’Italia è l’unico paese in Europa a non avere le classi differenziate. In Germania pure i sordi ce le hanno. Noi siamo gli unici matti che provano a tenere i disabili e i ritardati mentali in classe con gli altri bambini. Tutti ci studiano per copiarci, ma noi oggi rischiamo di rinunciare a questo modello perché non ce la facciamo più.

Fonte: http://vimeo.com/19445876 External linkin questa pagina è possibile vedere in streaming lo spettacolo in alta definizione

Marco Paolini per la Memoria, articolo di Marco Paolini per l’Espresso, 21 gennaio 2011 External link.

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