1965 – Nostra Aetate

13 aprile 1986 Visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma

LA DICHIARAZIONE CONCILIARE
NOSTRA AETATE

(NN 4 E 5) SU LA RELIGONE GIUDAICA E LA FRATERNITA’ UNIVERSALE*

4. La religione giudaica
Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.

La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti. Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede 1, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell’esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell’Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l’Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell’ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell’ulivo selvatico che sono i gentili 2.

La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso 3. Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell’apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua razza: “ai quali appartiene l’adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne” (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine. Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.

Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata visitata; 4 gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono opposti alla sua diffusione 5. Tuttavia secondo l’Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento 6. Con i profeti e con lo stesso Apostolo, la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e ” lo serviranno sotto uno stesso giogo ” (Sof 3,9) 7.

Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo.

E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo 8, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo. E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla sacra Scrittura. Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo. La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell’amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.

5. La fraternità universale
Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L’atteggiamento dell’uomo verso Dio Padre e quello dell’uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: “Chi non ama, non conosce Dio” (1 Gv 4,8).

Viene dunque tolto il fondamento a ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano.

In conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale o di religione. E quindi il sacro Concilio, seguendo le tracce dei santi apostoli Pietro e Paolo, ardentemente scongiura i cristiani che, ” mantenendo tra le genti una condotta impeccabile ” (1 Pt 2,12), se è possibile, per quanto da loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini 9, affinché siano realmente figli del Padre che è nei cieli 10.

Tutte e singole le cose, stabilite in questa dichiaraizone, sono piaciute ai padri del sacro concilio. e noi, in virtù della potestà apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai venerabili padri, nello Spirito Santo le approviamo, le decretiamo e stabiliamo; e quanto è stato così sinodalmente stabilito, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.

Roma, presso S.Pietro, 28 ottobre 1965

Io PAOLO, vescovo della chiesa cattolica.
(Seguono le firme dei padri)

* (EV 1/861-868).
1 Cf. Gal 3,7.
2 Cf. Rm 11,17-24.
3 Cf. Ef 2,14-16.
4 Cf. Lc 19,44.
5 Cf. Rm 11,28.
6 Cf. Rm 11,28-29; Conc . Vat. II, Const. dogm. de Ecclesia, Lumen Gentium: AAS 57 (1965), p. 20.
7 Cf. Is 66,23; Sal 65,4; Rm 11,11-32.
8 Cf. Gv 19,6.
9 Cf. Rm 12,18.
10 Cf. Mt 5,45.

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